Maggiore certezza sulla scadenza a fine anno degli accertamenti relativi al 2018 (per i soli tributi erariali)

Risulta sempre più minoritaria la tesi secondo cui, ai fini della decadenza dei termini per il potere di accertamento, opererebbe la proroga (relativamente agli atti di impositivi riguardanti i tributi diversi da quelli locali) per i periodi d’imposta “aperti” alla data di entrata in vigore dell’art. 67 del D.L. 18/2020, norma con la quale – prima dell’entrata in vigore dell’art. 157 del D.L. 34/2020 – era stata disposta la sospensione, fra l’altro, delle attività di accertamento. Circostanza per cui vi potrebbero per l’appunto essere, almeno secondo alcuni, ricadute per le annualità potenzialmente interessate dalla relativa operatività.
Assume più stabilità, dopo le ultime (e ulteriori) pronunce dei giudici di merito, la convinzione circa la scadenza a fine anno dei termini di accertamento per il periodo d’imposta 2018, relativamente al quale gli artt. 43 del D.P.R. 600/1973 e 57 del D.P.R. 633/1972, per i tributi erariali e l’IVA rispettivamente, stabiliscono – a seguito delle modifiche della Legge 208/2015 – la decadenza del potere di porre in essere le attività accertative successivamente al 31 dicembre del quindi anno successivo a quello di trasmissione della dichiarazione annuale (dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto). Facendo però salvo a tal fine il caso delle dichiarazioni omesse, per le quali vi sono invece due anni in più per procedere con gli accertamenti.
Si poneva infatti “storicamente”, almeno a partire dall’emergenza sanitaria da Covid-19, il dubbio derivante da quanto previsto dall’art. 67, comma 1 del D.L. 18/2020 (c.d. “Decreto Cura Italia”), in merito alla sospensione dell’attività di accertamento per gli 85 giorni che andavano dal 08/03/2020 al 31/05/2020; norma che avrebbe effetto, secondo l’iniziale parere delle Entrate di cui alle risposte fornite alla stampa specializzata il 27/01/2022, dilazionando a sua volta i termini per la notifica degli atti relativi ai periodi d’imposta dal 2016 al 2018 compresi, ossia quelli che risultavano “aperti” alla data di entrata in vigore dello stesso art. 67.
Va però notato come simile sillogismo non sia stato condiviso da parte di molti degli organismi giudicanti che hanno avuto modo di esprimersi in merito: nello specifico, secondo CGT I Torino n. 890/6/22 del 21/11/2022, così come per la l’omologa CGT I di Latina n. 974/3/23 del 25/10/2023, per le annualità con scadenza successiva al 31/12/2020 non sarebbe possibile applicare la citata sospensione degli 85 giorni, con i termini che rimangono pertanto quelli “naturali” visti in precedenza – 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione del modello dichiarativo. Allo stesso modo, stando a CGT I di Prato n. 87/2/23 del 31/10/2023, “appare del tutto illogico anche solo ipotizzare che il Legislatore abbia, nel contempo, imposto il rispetto del termine decadenziale in scadenza il 31 dicembre 2020, anno di pandemia, e lo abbia, invece, prorogato di 85 giorni per gli accertamenti degli anni successivi, i cui termini di decadenza andavano o andranno a scadere quando l’emergenza è stata ormai superata”.
Di analogo tenore vi sono poi state alcune pronunce più recenti, sempre di merito, come CGT II Campania n. 5925/7/24 del 21/10/2024 e CGT I Taranto n. 930/3/24 del 10/06/2024, a parere delle quali la disposizione emergenziale non può valere per le annualità successive a quelle in cui si è verificato l’evento eccezionale, dato che “Una volta cessata la situazione eccezionale di emergenza, i termini per gli adempimenti dei contribuenti ritornano alla normalità e non si producono effetti sulle annualità e sulle scadenze successive” (come affermato nello specifico da CGT I Udine n. 77/3/24 del 03/04/2024). Solo una parte minoritaria della giurisprudenza si pone invece in senso contrario, tra cui CGT I Taranto n. 734/2/23 del 13/07/2023 – sebbene con riguardo allo specifico ambito dei termini per la notifica degli avvisi di liquidazione in tema di prima casa – ragion per cui la questione è stata infine posta all’attenzione della Corte di Cassazione (da parte di CGT I sez. II del 13/11/2024).
La causa di tale ultima presa di posizione opposta è comunque riferibile ad un’altra norma emanata a seguito della pandemia, ossia l’art. 157 del D.L. 34/2020 (“Decreto Rilancio”), che disciplinava, per i soli tributi erariali, la “scissione tra la data di emissione e di notifica degli atti” di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d’imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione. Atti che, pertanto, in deroga a quanto previsto dall’art. 3 dello Statuto del contribuente, qualora in scadenza nel periodo 08/03/2020-31/12/2020 potevano essere:
- emessi entro il 31/12/2020, e
- notificati (dopo varie modifiche normative che intervennero sul tema) dal 01/03/2021 al 28/02/2022.
Ora, al netto delle numerose critiche emerse da parte della dottrina e della stampa specializzata, che hanno avuto ad oggetto l’art. 157 del “Decreto Rilancio” – dal momento che esso si inseriva in una “cornice normativa” (del nostro ordinamento tributario) in cui vige il generale principio di ricettività degli atti impositivi, i quali vengono infatti ad esistenza (solamente) nel momento in cui vengono notificati al destinatario – non può non considerarsi come la stessa esistenza di simile norma possa in effetti far dubitare dell’operatività di uno slittamento dei termini, conseguente a quanto disposto dall’art. 67, comma 1 del D.L. 18/2020, ritenuto irragionevole secondo la citata giurisprudenza in quanto riferibile a periodi d’imposta che scadevano successivamente all’entrata in vigore di simile normativa emergenziale.
Fatta salva quest’ultima interpretazione si può però e in ogni caso ritenere, in linea con la più parte degli organismi giudicanti che si sono espressi in proposito alla data odierna, che gli accertamenti relativi al periodo d’imposta 2018 per i tributi erariali scadano per forza di cose entro il 31/12/2024, senza invece alcuna dilazione di sorta e fatti salvi esclusivamente i casi di omissione dichiarativa.
Resta invece ferma la proroga in discorso per le entrate diverse, tipicamente locali (IMU ad esempio), in quanto ad esse non si applicava il richiamato art. 157 del D.L. 34/2020 – come affermato ad esempio da CGT I di Perugia n. 232/1/23 del 12/07/2023, CGT I Taranto n. 1410 del 08/11/2022, CTP Pisa n. 242 del 04/07/2022, CTR Trieste n. 168/1/22 del 07/09/2022, CTP Oristano n. 51 del 15/03/2022 e CTP Milano n. 345 del 05/02/2022 (si veda in proposito “I termini di accertamento per i tributi locali (con proroga da normativa emergenziale” ).
(*) Fonte Fiscal Focus