L’esenzione IMU per l’abitazione principale spetta sempre al possessore che vi risiede e dimora abitualmente

L’esenzione IMU per l’abitazione principale spetta sempre al possessore che vi risiede e dimora abitualmente

La Consulta ha dichiarato illegittima la norma: i requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale vanno riferiti al solo possessore*.

Con la sentenza n. 209 depositata ieri, 13 ottobre 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale  della disciplina IMU in materia di abitazione principale di cui al previgente art. 13 comma 2 del DL 201/2011, nonché di quella attualmente vigente dell’art. 1 comma 741 lett. b) della L. 160/2019, nella parte in cui tali disposizioni riferiscono i requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale non solo al possessore dell’immobile, ma anche ai componenti del suo nucleo familiare.

La questione al vaglio della Consulta, originata dall’ordinanza di “autorimessione” del 12 aprile 2022 n. 94, si è conclusa riconoscendo la difformità di tali disposizioni rispetto agli artt. 3, 31 e 53 della Costituzione.
In particolare, nella sentenza viene affermata anzitutto la contrarietà delle citate disposizioni ai principi di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, in quanto penalizzanti i soggetti che decidono di formalizzare la propria unione, mediante matrimonio o unione civile, rispetto alle persone singole o alle coppie di fatto (che, in mancanza di alcuna formalizzazione del loro rapporto, verrebbero invece a godere, ai fini IMU, di una doppia esenzione – o agevolazione – per l’abitazione principale, non sussistendo alcun nucleo familiare). 

Una siffatta disciplina si palesa inoltre difforme rispetto al contesto attuale, ove “è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi”, talvolta anche nel medesimo Comune (specie se di rilevanti dimensioni); in difformità a ciò, secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, che costituisce diritto vivente, la necessità di riferire i requisiti di dimora abituale/residenza anagrafica non troverebbe invece eccezione, in presenza di un’unione formalizzata, neppure per effettive esigenze (come quelle lavorative) tali da giustificare la necessità dei coniugi di vivere in distinti immobili.

La Corte Costituzionale aggiunge inoltre che le predette disposizioni si ravvisano incostituzionali anche sotto il profilo dell’art. 31 della Costituzione, poiché comportano una penalizzazione del nucleo familiare, nonché dell’art. 53 della Costituzione, in quanto non sussistono motivi tali da giustificare un diverso trattamento ai fini IMU per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in due immobili differenti.

In considerazione di quanto sopra, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anzitutto dell’art. 2 13 comma 2 del DL 201/2011, quarto periodo, espungendo dal dettato dispositivo il riferimento ai componenti del nucleo familiare del possessore, e mantenendo, conseguentemente, subordinata la qualifica di abitazione principale ai fini IMU alla sola sussistenza dei requisiti della dimora abituale e residenza anagrafica del possessore.

Inoltre, è stato dichiarato consequenzialmente incostituzionale, ai sensi dell’art. 27 della L. Cost. 87/53, anche il quinto periodo dell’art. 13 comma 2 del DL 201/2011, relativo alla scelta dell’immobile (unico) da qualificare come abitazione principale per i componenti del nucleo familiare con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili differenti siti nello stesso Comune. 

Nel medesimo senso la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 1 comma 741 lett. b) della L. 160/2019.

Modifica della disciplina vigente

Con la sentenza della Corte Costituzionale, dunque, anche nel vigente assetto normativo viene prevista, ai fini della qualifica dell’immobile come abitazione principale, la sola necessità che il possessore dell’immobile abbia ivi stabilito la residenza anagrafica e la dimora abituale, senza rilievo alcuno per i componenti del nucleo familiare (venendo dunque meno la necessità di individuare un solo immobile da qualificare come abitazione principale per i componenti del nucleo familiare con residenza e dimora in immobili differenti).

In caso di due coniugi, possessori ognuno di un immobile (sito nel medesimo Comune o in Comuni diversi) nel quale vi abbiano stabilito ciascuno la propria residenza anagrafica e dimora abituale, per ciascuno di essi sarà pertanto possibile, in ragione delle conclusioni cui giunge la sentenza costituzionale in esame, godere dell’esenzione IMU ex art. 1 comma 740 della L. 160/2019 (o delle agevolazioni, aliquota ridotta e detrazione, di cui all’art. 1 commi 748 e 749 della L. 160/2019).

In ogni caso, la stessa Consulta precisa che dalla sentenza non discende in alcun modo la qualifica di “abitazione principale” anche per le “seconde case”, mancando in tal caso il requisito della residenza e/o della dimora abituale di uno dei due coniugi per tale secondo immobile. A tal fine, aggiunge la Corte Costituzionale, sarà cura dei Comuni verificare l’effettiva sussistenza del requisito della dimora abituale, accedendo ai dati relativi alla somministrazione delle utenze.

* Fonte Eutekne e Ipsoa

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