Può chiudere la partita IVA l’imprenditore che affitta l’unica azienda

Può chiudere la partita IVA l’imprenditore che affitta l’unica azienda

Secondo la Cassazione, tale atto non costituisce una destinazione dei beni al di fuori dell’impresa. Fonte Eutekne.

Nell’affitto d’azienda, se il locatore è una persona fisica e titolare dell’unica azienda concessa in affitto, la qualifica di imprenditore risulta “sospesa” per effetto (e dal momento) del passaggio della gestione all’affittuario.

Tale sospensione è, in linea di principio, temporanea, in quanto viene a cessare alla scadenza del contratto, quando il locatore rientrerà nel possesso dell’azienda,  riprendendone la gestione. La perdita, seppur provvisoria, di tale qualifica, fa venir meno il presupposto soggettivo dell’imposizione tributaria ai fini IRPEF (limitatamente ai redditi d’impresa) e IRAP.
Da quanto sin qui riferito, discende che i canoni di affitto percepiti dal locatore non costituiscono componenti positivi del reddito d’impresa, ma hanno natura di redditi diversi ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. h) del TUIR.
Allo stesso modo, con un’eventuale cessione di detta azienda le plusvalenze realizzate dall’ex imprenditore sono sì determinate in base al combinato disposto degli artt. 58 e 86 del TUIR, ma concorrono a formare il reddito complessivo del cedente come redditi diversi.

Con la sentenza n. 8668 di ieri, 15 aprile 2011, la Cassazione si è pronunciata sul caso di un imprenditore che dopo aver affittato l’unica azienda ed aver chiuso la partita IVA ha subito un accertamento nel quale veniva contestata la produzione di plusvalenze per destinazione di beni ad attività estranee all’esercizio dell’impresa (art. 86, comma 1, lett. c) del TUIR).
Sul tema, i Giudici di legittimità osservano che il collegio giudicante nel merito ha ritenuto correttamente che, nel caso sopracitato, non ricorrono i presupposti né per la configurazione di una plusvalenza tassabile ai fini delle imposte sui redditi, né l’obbligo di fatturazione per autoconsumo ex art. 2, comma 2, n. 5) del DPR 633/72, in base al fatto che i beni sono stati interamente oggetto di affitto unitamente all’azienda e, quindi, deve escludersi che gli stessi siano stati destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore.


beni sono stati oggetto di affitto unitamente all’azienda

Dalla sentenza, sembra emergere che non rilevi il fatto che il locatore abbia cessato la partita IVA.
A ben vedere, del resto, il locatore dell’unica impresa è escluso anche dall’obbligo di presentazione della dichiarazione IVA e della comunicazione dati IVA se non esercitano altre attività rilevanti agli effetti dell’imposta nell’anno solare.
Sotto il profilo IVA, infatti, la C.M. n. 26 del 19 marzo 1985 ha espressamente chiarito che “il locatore, titolare dell’unica azienda data in affitto, perde, con l’affitto d’azienda, lo status di soggetto passivo d’imposta e conseguentemente l’operazione non è soggetta ad IVA bensì a imposta di registro”. In senso conforme si è espressa anche la C.T.C. n. 2489 del 25 marzo 2002.

Inoltre, la concessione in affitto dell’unica azienda costituisce spesso una fase propedeutica alla cessione della medesima, la quale può fruire del regime della tassazione separata, di cui all’art. 17, comma 1, lett. g) del TUIR nel caso in cui:
– l’azienda commerciale sia posseduta da più di cinque anni;
– ne sia fatta esplicita richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di realizzo della plusvalenza.

Resta fermo, infine, che alla plusvalenza realizzata dall’ex imprenditore non risulta invece applicabile il regime di tassazione previsto dall’art. 86, comma 4 del TUIR, consistente nella rateizzazione dell’anzidetta plusvalenza in quote costanti negli esercizi successivi, ma non oltre il quarto.

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