Cedolare al 26% sulle locazioni brevi

Cedolare al 26% sulle locazioni brevi

Anche la ritenuta operata dagli intermediari si allinea all’aliquota e diventa del 26% (*)

Nel Ddl. di bilancio 2024, stando alla bozza circolata, c’è una norma che porta l’aliquota della cedolare secca al 26%, limitatamente alle locazioni brevi.

Inoltre, vengono ridisegnati gli obblighi di ritenuta e comunicazione per i soggetti non residenti.
Vale la pena di ricordare che la cedolare secca è prevista dall’art. 3 del DLgs. 23/2011 e riguarda le locazioni di immobili abitativi operate da persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’impresa. La cedolare è un’imposta sostitutiva e infatti sostituisce IRPEF, le addizionali regionale e comunale all’IRPEF, nonché le imposte di registro e di bollo relative al contratto di locazione (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 1 giugno 2011 n. 26, § 5).

Si tratta di un regime opzionale, applicabile in presenza di tutte le condizioni di legge, oltre che dell’opzione del contribuente.
Ad oggi, le aliquote della tassa piatta sono due: quella ordinaria, del 21% e quella “ridotta”, pari al 10% applicabile alle locazioni c.d. a “canone concordato”.

Quando, nel 2017, il legislatore, con l’art. 4 del DL 50/2017 ha creato la specifica categoria delle “locazioni brevi” ha espressamente previsto la possibilità di applicare ad esse la cedolare secca nella misura del 21%. In realtà, sotto questo aspetto non si trattava di una novità, perché la cedolare era già applicabile anche ai contratti di locazione abitativa di durata inferiore a 30 giorni (in presenza di tutte le condizioni di legge), ma la cedolare veniva così inserita nel contesto delle locazioni brevi, ove vigevano obblighi di comunicazione e ritenuta per gli intermediari (eventualmente) coinvolti.

Ora, la bozza di legge di bilancio 2024 sembra intervenire proprio sull’art. 4 del DL 50/2017, elevando al 26% l’aliquota della cedolare secca limitatamente alle locazioni brevi. Si tratta di un aumento di 5 punti percentuali, che porta la tassa piatta sulle locazioni brevi ad un’aliquota più elevata del primo scaglione IRPEF.

Può essere utile, allora, ragionare su quali contratti siano coinvolti dall’aumento.
L’art. 4 comma 1 del DL 50/2017 definisce “locazioni brevi” i “contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.

Si tratta, quindi, di locazioni  contraddistinte: dal punto di vista soggettivo, dalla natura di persona fisica del locatore, che deve agire necessariamente al di fuori dell’attività di impresa, nonché di arti e professioni; dal punto di vista oggettivo, dalla natura abitativa dell’immobile locato; dal punto di vista della durata, perché si tratta di contratti di durata non superiore a 30 giorni. Inoltre, la norma precisa che la locazione breve è compatibile anche con la fornitura di limitati servizi accessori (pulizia dei locali e fornitura di biancheria), che, quindi, da soli non bastano a determinare la natura imprenditoriale della locazione. Inoltre, la norma espressamente contempla la possibilità che i contratti di locazione breve siano stipulati con il coinvolgimento di intermediari (definiti come “soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”).

Va considerato, però, che, a prescindere dalla nozione di “locazione breve”, la cedolare secca è comunque riservata a:
– agli immobili abitativi (salvo l’eccezione limitata ai contratti stipulati nel 2019, prevista a suo tempo dall’art. 1 comma 59 della L. 145/2018);
– a locatori persone fisiche che agiscano al di fuori dell’esercizio dell’impresa.

Pertanto, posto che tanto i servizi accessori quanto l’intervento di intermediari costituiscono solo elementi eventuali delle locazioni brevi, sembra che il discrimine tra le locazioni che dovranno applicare l’aliquota del 26% della cedolare secca e le altre, sia la durata del contratto: sopra i 30 giorni, si potrà accedere all’aliquota del 21% (e, per i contratti concordati, al 10%), mentre sotto tale soglia, si applicherà l’aliquota del 26%.

Dovrebbero, poi, applicare in ogni caso l’aliquota del 26% le locazioni brevi produttive di redditi diversi, ovvero le sublocazioni brevi e le locazioni brevi stipulate dal comodatario.
In questo ambito, però, non vi sono equivoci, posto che tali contratti sono ammessi alla cedolare solo se hanno durata non superiore a 30 giorni.

Infine, va rilevato che la bozza prevede la modifica non solo dell’aliquota della cedolare, ma anche dell’aliquota della ritenuta sulle locazioni brevi che gli intermediari intervenuti nel pagamento dei canoni o corrispettivi devono applicare. Si ricorda che, in assenza di opzione per la cedolare, tale somma configura un acconto sulle imposte sui redditi dovute.

(*) Fonte Eutekne

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