Aree edificabili ai fini Imu nei casi di ristrutturazione di un fabbricato, indicazioni giurisprudenziali

Aree edificabili ai fini Imu nei casi di ristrutturazione di un fabbricato, indicazioni giurisprudenziali

La ricerca del valore imponibile ai fini Imu di un’area edificabile che scaturisce da una demolizione o ristrutturazione di un fabbricato è una delle casistiche più complesse che si possono affrontare, in quanto non è sufficiente la mera individuazione del lotto considerato fabbricabile dallo strumento urbanistico vigente e l’applicazione dei relativi indici edificatori.

Normativamente, la questione è regolamentata attualmente dal comma 746 dell’articolo 1 della legge 160/2019 (nuova Imu) che ha ripreso integralmente quanto era statuito per l’Ici e l’Imu con l’articolo 5 comma 6 del Dlgs 504/92: in caso di utilizzazione edificatoria dell’area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al Dpr 380/2001, la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.

Come detto, la ricerca del valore imponibile di queste fattispecie inerisce ambiti sia tecnici che normativi spesso poco ricorrenti e complessi, ma che via via si dovranno trattare sempre più spesso, visto che l’indirizzo delle nuove disposizioni urbanistico-edilizie prediligono il recupero di quanto è già costruito e magari in stato di degrado, rispetto all’utilizzo di suolo vergine. È quindi molto interessante la pronuncia della Corte di cassazione n. 1214/2021, poichè dirimente per diversi risvolti dell’argomento trattato, avendo esaminato un caso di ristrutturazione con demolizione del fabbricato preesistente, con prospettive del tutto attuali anche se la disputa verteva su accertamenti Ici ma riguardante concetti che sono rimasti invariati nella valutazione anche con Imu e nuova Imu.

Come prima importante indicazione i giudici di legittimità hanno affermato che l’area sulla quale sorge il fabbricato da demolire/ristrutturare sia da considerare edificabile anche se la destinazione dello strumento urbanistico vigente non la consideri tale. È sta quindi ribadita l’indicazione espressa già con la pronuncia della Cassazione n. 27087/2017 che trattava di immobili realizzati in ambito agricolo ed è stato precisato che «l’area su cui insiste la ristrutturazione è da considerarsi fabbricabile ai fini Ici anche in deroga all’articolo 2 lettera b), Dlgs 504/92 (…). In conclusione, è soggetta a Ici tutta l’area, anche se inedificabile secondo gli strumenti urbanistici ordinari». Non ci deve quindi far dubitare della legittimità di recuperare l’imposta, la destinazione urbanistica di un sito interessato da demolizione, ristrutturazione o con una concessione edilizia in genere aperta.

Altro aspetto che gli Ermellini hanno ritenuto di ribadire è quello che «l’area, in caso di ristrutturazione o di realizzazione di un ampliamento di un immobile esistente, ridiventa fabbricabile ab origine, fino a che tali lavori non vengono completati e questo perché, venuta meno la tassabilità del fabbricato, viene tassata l’area come se il fabbricato non esistesse». Deve quindi porsi tassativa la necessità di non considerare in modo alcuno i redditi catastali o valori di mercato inerenti al fabbricato oggetto di intervento, concentrando l’attenzione sul più probabile valore di mercato del terreno nudo interessato dai lavori.

L’imposizione come area edificabile dell’immobile, proseguono i giudici, ha origine temporale con la data di inizio lavori, non rileva invece il dato formale costituito dal rilascio del permesso di costruire. Gettate le fondamenta della pretesa impositiva, il passo successivo è quindi quello di individuare gli elementi alla base della costruzione della base imponibile. Primo fra tutti la capacità edificatoria dell’area.

Si era consolidata la prassi di considerare l’area di sedime del fabbricato preesistente quale dato base per l’individuazione della superfice da sottoporre a imposizione. Tale dato deve essere ben ponderato tenendo conto del numero dei piani del fabbricato e avendo chiaro che si sta parlando di superfice lorda di pavimentazione e non di superfice fondiaria, considerando adeguatamente gli indici edificatori della zona o di zone comparabili. È inoltre da verificare che la superfice di sedime sia la medesima a fine intervento, per evitare di attribuire un valore inferiore o superiore a quello effettivo.

La pronuncia in esame si è fatta carico di affermare che è del tutto legittimo utilizzare nella stima dell’imponibile, la volumetria sviluppata nell’intervento edilizio. È chiaro che sia questo il parametro che fotografa nel modo più preciso la portata della capacità edificatoria dell’area che dobbiamo valutare. Si dovrà far quindi buon uso della documentazione presentata all’area tecnica dal proprietario in fase di rilascio della concessione edilizia, e individuare nei dati stereometrici quali siano i volumi di progetto. Ulteriore importante nota della recente sentenza è quella che ha fatto riferimento a come applicare l’imposta in corso d’opera, ovvero nel caso in cui parte del fabbricato venga accatastato e parte sia ancora soggetto a lavori di edificazione. L’ultimazione di una parte del progetto, infatti, non determina l’estinzione totale dell’area edificabile, ma solo l’esclusione nel calcolo dell’imponibile, della frazione di cubatura di competenza dell’immobile iscritto con rendita al catasto fabbricati. Si proseguirà quindi a riscuotere l’imposta come area edificabile sulla volumetria della parte di fabbricato ancora in costruzione fino alla definitiva conclusione della pratica edilizia. Questo aspetto, si fonde quindi con il precedente e avvalora la tesi dell’utilizzo dei volumi progettuali nella formazione dell’imponibile, che agevola anche i calcoli in caso di frazionamento dell’immobile.

In ultima analisi la sentenza si occupa anche del secondo parametro che determina la base imponibile dell’area edificabile ovvero il valore unitario da applicare alla capacità edificatoria rilevata. Riprendendo quanto già statuito in altre ordinanze, che hanno ormai consolidato un’affermata linea di pensiero in merito, la Corte di cassazione ha confermato la fondatezza dell’utilizzo dei valori orientativi deliberati dalla giunta comunale a fronte della facoltà concessa ai Comuni dall’articolo 59 del Dlgs 446/1997 – ripresa dal 2020 dall’articolo 1, comma 777, della legge 160/2019 – (Potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili). Ferma restando la tassatività della verifica dei criteri determinati dall’articolo 5 comma 5 del Dlgs 504/1992 «l’accertamento dell’imponibile Ici può ben fondarsi, in difetto di prova contraria da parte del contribuente, sulla base delle delibere di determinazione del valore delle aree edificabili».

(*) Fonte Il Sole 24 Ore

Vedi anche l’articolo ” Edifici in ristrutturazione: IMU sull’area

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